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Ecco il caso di un manager percepito dalla sua squadra come molto autoritario. E una squadra, percepita dal suo manager come incompetente e irascibile.
Il contesto economico
Siamo in una società di consulenza, filiale di una società internazionale, che opera in un mercato abbastanza competitivo. L'attività commerciale molto sostenuta è sviluppata da venditori di successo. L'azienda sta crescendo rapidamente e avrebbe bisogno di essere ristrutturata
La situazione di questo dirigente in azienda
Il dirigente in questione in questo caso rientra nella gestione finanziaria;
è responsabile della fatturazione e riporta ad un N+1 responsabile della gestione dei contratti. È responsabile di un team di collaboratori. Un'organizzazione sotto pressione
La casa madre straniera esercita un'enorme pressione chiedendo relazioni mensili che vengono redatte da questo dipartimento finanziario.
Ogni mese, per la chiusura mensile dei conti, il reparto fatturazione è sotto la triplice pressione degli obblighi di rendicontazione, quelli dei rappresentanti commerciali, che vengono a controllare e sollecitare l'invio ai clienti delle fatture dei loro ordini da cui dipendono i loro risultati e la loro remunerazione, e del clima molto teso tra il manager e il suo team di fatturazione.
Un manager iperprotetto…
In questo clima di alta tensione, il responsabile della fatturazione è fortemente dipendente dal suo N+1 che lo iperprotegge. Di fronte a una squadra “difficile”, l'allenatore non esercita più direttamente la sua autorità; è il suo manager di linea che lo fa per lui. In questa dimensione non deve più gestire le proprie difficoltà, è curato – con il vantaggio secondario di “affidarsi” ai suoi superiori – e si sente forte anche grazie all'atteggiamento dei suoi superiori. Dice anche: “Non ho problemi con la mia gerarchia”. Iperprotetto, è di fatto indebolito e di fatto rinuncia al progresso. Siamo di fronte a una personalità piena di ambivalenza: competente, dedita, dotata di senso della collettività, ma che non adempie alla sua funzione di supervisione manageriale.
Un manager che fa al posto dei suoi collaboratori
(tentativa soluzione)
In questo periodo di cambiamento e tensione, privo di autorevolezza di fronte a una squadra che non esita a sfidarlo - pause spropositate, assenteismo, ritardo nella produzione - fa il lavoro al posto dei suoi collaboratori considerando che lo stanno facendo male, in maniera piuttosto sacrificale.
Come Atlas, prende il mondo su se stesso. Interpreterà costantemente il ruolo di un pompiere. I rapporti in questo reparto sono infatti molto complicati;
quando invece facciamo le cose, creiamo persone ingrate, quando abbiamo davanti persone egoiste e un po' manipolatrici. È facile per i suoi collaboratori dire di lui che non sa delegare, non sa spiegare, con, per loro, un vantaggio secondario di non lavorare... La trappola A forza di fare le cose invece, il nostro manager è sull'orlo dello sfinimento
.
Diventa allora “veramente” autoritario e viene legittimamente percepito come tale, con momenti di crisi che al minimo straripamento scaturiscono come bombe e portano a sanzioni eccessive o direttamente da parte sua o emanate dalla gerarchia. Ma il volto nascosto del suo problema di autoritarismo è il suo lato sacrificale, iperprotettivo, che lo porta a farsene carico, fino alla saturazione; una dinamica sacrificale/autoritaria che ti rende paranoico.
Orientamento strategico: rallentare
Una soluzione consisterà nel fare in modo che questo manager si prenda meno carico di sé, si ponga dei limiti, e quindi si assuma il rischio di un leggero calo temporaneo delle prestazioni del suo reparto (siamo in una fase di grande cambiamento, e la sua gerarchia lo sostiene).